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STORIA DEL CICLISMO PESARESE
Un po’ di storia
L’attività ciclistica nella nostra provincia ha origini al tramonto dell’Ottocento. Già nel 1893 si svolgevano gare allo scopo di incoraggiare e sviluppare l’agonismo sulle due ruote. E’ di quell’anno la prima Fano-Pesaro che si ricordi: a tale competizione, limitata a tutti i dilettanti “velocipedisti” (come si diceva all’epoca) residenti nella provincia, s’iscrissero ben 22 atleti. Il regolamento della gara obbligava i concorrenti a servirsi di macchine da viaggio del peso non inferiore ai 18 kg. Particolari handicap venivano assegnati, in ordine crescente, ai velocipedisti che montavano bici a gomma piena, pneumatica o tubolari. L’attesa disputa fece registrare l’affermazione per distacco del pesarese Dario Giommi (tempo impiegato 17’ 07”), davanti ai concittadini Damaso Sora e Antidio Gennari. Quasi nulla da segnalare l’anno seguente, se non un convegno per tutti i “biciclettisti” a Fossombrone, la disputa della Senigallia-Pesaro e di alcune gare minori nella zona di Muraglia (ora quartiere all’estrema periferia meridionale di Pesaro). Nel giugno del 1895 il Veloce club Pesaro inaugura la nuova sede sociale, intervenendo a manifestazioni di carattere regionale ed interregionale. Nasce la pista. Si affaccia frattanto all’orizzonte una nuova specialità: la pista. E’ al “ciclodromo” di Cagli che si tengono i primi riusciti esperimenti. Nel 1899 la specializzazione diventa quasi d’obbligo: si afferma il tandem mentre suscitano grande interesse le corse di resistenza con allenatori. Nel 1902 abbiamo l’introduzione di una nuova corsa, la Pesaro-Ancona-Pesaro (120 km) vinta da Umberto Pagnoni dopo 4 ore e 24 minuti di gara. Adolfo Becci. Merita attenzione questo personaggio del primo Novecento. Ciclisti e fabbricante di biciclette, lanciò nel 1909 una squadra tutta sua, che prendeva parte a tutte le maggiori corse della zona. In quell’anno le due manifestazioni più importanti, ovvero la Pesaro-Marotta-Pesaro (60 km) e la Pesaro-Falconara-Pesaro (100 km) sono vinte rispettivamente da Oreste Franca e da Umberto Ranieri, quest’ultimo riminese. Becci non doveva fare il ciclista, ma l’impiegato: questo era il volere del padre. Adolfo, però, già dal 1901 si dedicava con grande passione all’attività sportiva, e nel 1904 sfornò il primo modello di bici, seguito nei due anni successivi, da altri 169 prototipi. Nel 1909 dalla bottega di Becci uscì un ritrovato delle tecnica ciclistica, che poco aveva da invidiare alle bici vendute negli anni della seconda guerra mondiale. Un vero gioiello, che Becci denominò “Gloria”. Nel 1911 costruì dieci biciclette che affidò agli uomini della sua equipe, ovvero Giuseppe e Dante Sinibaldi, Salvatore Vagnozzi, Guerrino Barbieri, Luigi Gennari, Giuseppe Bartolucci ed Angelo Donati, tutti pesaresi, cui si aggiungeva il fanese Aldo Castellani e altri atleti il cui nome è stato cancellato dal tempo. Becci, dal 1905 al 1911, ha vinto diverse competizioni su strada. La sua vera vocazione, comunque, era la pista. Su quella in terra battuta dell’ippodromo in viale Fiume, nella zona mare pesarese, ha mietuto allori significativi. La 1^ Coppa di Pesaro. Nel 1911 si svolge la prima edizione della Coppa di Pesaro, sul percorso Pesaro-Ancona-Pesaro-Rimini-Pesaro (200 km). La partenza viene data alle 5.30 a 24 corridori: i primi 57 km da Pesaro ad Ancona vengono percorsi in due ore. In vista del primo passaggio da Pesaro, dopo due acquazzoni che hanno decimato il gruppo, i superstiti viaggiano ad una velocità media di 32-33 km/h. Una volta doppiata la città di Rimini, i corridori si dirigono nuovamente verso Pesaro, dove vince Calzolai di Bologna, davanti a Sirilli e, a qualche distanza, Macelli. L’attività ciclistica continua intensa anche negli anni d’anteguerra. Scoppiato il primo conflitto mondiale, in provincia l’attività si arenò, e i nostri andarono a gareggiare nelle zone in cui erano inviati come militari. Ciclismo ad Urbino. La città ducale ha un passato organizzativo di tutto rispetto. S’incominciò nel 1904, anno di fondazione della Società sportiva “Robur”, con la disputa annuale della Urbino-Fermignano-Urbania-Capute-Urbino, per proseguire, dal 1927, con la Coppa Giombini. Questa manifestazione era riservata agli indipendenti ed ai professionisti. Nelle prime edizioni i romagnoli s’imposero ripetutamente con Varignana, Bianchi e Morelli. Nel 1932 vinse l’olimpionico Cimatti, e due anni dopo il veronese Fraccaroli. Di quest’ultima edizione si conserva ancora il ricordo, per via del percorso duro e selettivo: da Urbino si scendeva a Calmazzo, Furlo, Acqualagna, Cagli, il passo della Scheggia, Fabriano, Jesi, Chiaravalle, Senigallia, Marotta, Fano, Pesaro, Montecchio, con il traguardo posto nello stesso luogo della partenza. Tra i partenti figuravano i più grandi campioni dell’epoca, tra cui Guerra e Bergamaschi. Nel dopoguerra abbiamo varie edizioni del Circuito dei Torricini, gara sulla distanza di 30 km attraverso le strade cittadine, riservata agli Allievi. Nel 1948 s’impose l’urbinate Alessandro Vampa, imitato poi dal pesarese Ridolfi, dal fermignanese Tontini, e nel 1950 dal fratello Enzo Vampa. Il 30 agosto 1953 il fanese Enrico Paletti vinse la Coppa città di Urbino; nel 1962 e 1963 vinsero rispettivamente i pesaresi Nazzareno e Sauro Romani, portacolori della Rinascita. Ciclismo a Cagli. La storia del ciclismo cagliese è legata al nome di due atleti: Lorenzo Leoni ed Antonio Mencoboni. Entrambi hanno gareggiato tra i professionisti. Nel 1925 Leoni esordisce fra i prof piazzandosi quinto al Giro del Veneto e al Giro di Toscana: nello stesso anno partecipa al Giro d’Italia e, in coppia con Bottecchia, s’impone a Jesi in un’importante riunione su pista. Nel frattempo Mencoboni continua il suo tirocinio fra i dilettanti, ottenendo tra successi consecutivi ed un’altisonante affermazione a Perugia in una gara nazionale di 144 km. Nel 1926 Leoni è quinto alla Marsiglia-Lione e primo al Gp d’Estate. Nel 1927 anche Mencoboni passa professionista: si piazza secondo in una prova di Coppa Italia (cronosquadre), ed è terzo, dietro a Leoni, nel Giro dell’Umbria. Nel suo secondo Giro d’Italia si piazza 17° nella generale e vince nove tappe nella categoria “isolati” (o “indipendenti”). Prima di appendere la bici al chiodo Lorenzo partecipa ad altri due Giri d’Italia, e s’impone in alcune gare di secondo piano. Mencoboni, invece, corre fino al 1932. La vittoria nella prova dei 130 km valida per la Coppa Italia rappresenta per lui il saluto al ciclismo agonistico. Ciclismo a Fano. Molti nomi tra i fanesi protagonisti di vicende ciclistiche: Rino Fucci, i fratelli Ciappi, Ceresani, Sbrascia, Rossi, Marcelli, e quindi Lancillotti, Occhialini (tricolore universitari), Cinotti, Rondina, Mancinelli, Bartolini, Leonelli, Marconi ed altri. Ezio Diambrini è il primo fanese segno di nota: nel suo palmares spicca l’argento nella Fano-Mondolfo-Ancona-Fano del 1910. Un altro degno di menzione è Lancillotto Lancillotti, piazzatosi secondo nel campionato ciclistico fanese di resistenza del 1921. L’Alma Juventus Fano ha avuto un passato ciclistico di prim’ordine. Una delle formazioni più temiate è stata quella del 1937: nelle sue file figuravano Gambaccini, Baldoni, Amadori, Rossi, Pascucci, Longhini, Baldoni II e Falcioni. E’ di questo periodo anche il lancio di Giannino De Santi che, con le sue affermazioni, ha suscitato vasta eco. De Santi fu poi costretto a lasciare il ciclismo per gravi disagi fisici riportati dopo la seconda guerra mondiale.I protagonisti del ciclismo pesarese
Il ciclismo pesarese ha la fortuna di avere ancora con sé Umberto Cardinali, classe 1908, primo concittadino a prendere parte al Giro d’Italia, nel 1931 e 1933. Non avendo la tessera da professionista, e non essendo dunque ingaggiato in una squadra, correva come indipendente: uomo di poche parole e molti fatti, racconta poco della sua esperienza ciclistica, trapelata con maggior consistenza qualche anno fa, quando è stato pubblicato un libro biografico sulla sua vita. In questo volume si narra un ciclismo epico, fatto di strade selciate che portavano i corridori a forare continuamente. La polvere sollevata dal plotone costringeva i ciclisti a sputare fango giorno e notte, una volta tornati in albergo, e la fatica era immane. Ho parlato di albergo, ma Umberto Cardinali, essendo indipendente, doveva arrangiarsi a dormire in case private o nei pagliai. La carriera di Cardinali durò poco, non perché gli mancassero le qualità, ma piuttosto perché, dopo essersi visto sfuggire il podio degli indipendenti al Giro del 1933, decise che sarebbe stato più redditizio provare a crearsi una posizione solida nel mondo del lavoro. Aprì una bottega dove riparava biciclette, e nel giro di qualche anno fondò la Cicli Adriatica, prima azienda costruttrice di bici della città. La Cicli Adriatica è stata per anni leader incontrastata nella produzione di biciclette, esportando il proprio nome anche fuori dell’hinterland pesarese. Ora è specializzata nella costruzione di bici, per lo più da passeggio, e rifornisce i numerosi rivenditori della zona. Cardinali, alla veneranda età di 100 anni, ha appeso la bici al chiodo da soli quattro anni, in seguito ad un infortunio al femore. Prima si sorbiva ogni giorno, da marzo a settembre, il percorso della cronometro Pesaro-Urbino, che fatto andata e ritorno assomma circa 80 km.
Dopo Cardinali si dovette attendere la fine del secondo conflitto mondiale per assistere all’ascesa del fanese Livio Isotti, capace di vincere anche una tappa al Tour de France. Nato nel 1927 a Cattabrighe, paesetto a cinque km da Pesaro, in direzione Rimini, aveva partecipato alle Olimpiadi di Londra nel 1948, passando al professionismo due anni più tardi, nel 1950 (vinse all’esordio il Giro di Romagna, due gare in Spagna e due tappe al Giro di Sicilia). A 26 anni, fido gregario di Fiorenzo Magni nella squadra della Ganna, Isotti colse la sua più prestigiosa vittoria, vincendo la tappa di Nantes al Tour 1953. Ottenne buoni piazzamenti anche nel Giro delle Dolomiti del 1950 in quello della Svizzera nel 1951, nei giri d’Italia del ’52 e ’53, nel Giro di Pastiglia e in quello del Mediterraneo del 1952. I meno giovani ricordano ancora la tappa del Giro d’Italia del 1952, che passò a Pesaro, con Isotti che davanti al suo pubblico guidava un plotoncino di fuggitivi sui tornanti della Panoramica Pesaro-Gabicce, non ancora asfaltata (lo sarà dal 1956 in poi). Trasferitosi in Canada a fine carriera, nel 1955, è morto ad Hamilton nel 1999.
Dopo Isotti venne il fanese Giuseppe Tonucci. Nato a Fano nel 1940, Tonucci si impose presto nel ciclismo professionistico, grazie soprattutto alle doti di sprinter. Nel 1959 fece parte della squadra nazionale che partecipò al campionato del mondo in Unione Sovietica. Nel 1960, prima di passare professionista, partecipò alle Olimpiadi di Roma classificandosi al quarto posto. Prese parte a numerosi giri d’Italia, aggiudicandosi anche alcune tappe. Memorabile quella vinta nel 1962 al Lido di Fano quando prevalse, dopo uno sprint combattuto su un altro buon velocista, Neri. Tonucci è scomparso nel 1988 al termine di una lunga malattia.Isotti e Tonucci fecero breccia nella memoria degli appassionati del posto, e furono rimpiazzati a fine anni ’60 da Enrico Paolini, un ragazzo tutto casa e bici, atteso da un fulgido avvenire. Paolini fu capace di vincere tre titoli tricolori, tappe al Giro e al Tour, partecipando a diverse edizioni del campionato del mondo. Ad un certo punto della carriera decise di fare da luogotenente a Francesco Moser, ragazzino di sicure speranze, il quale tiene tutt’ora in grande stima l’ex corridore di San Costanzo (borgo medievale a cavallo tra la provincia di Pesaro e quella di Ancona). Paolini a fine anni ’80, dopo qualche anno di pausa in cui si dedicò al commercio, decise di salire in ammiraglia, prima con la Del Tongo, poi con altre grandi squadre. Attualmente è alla Lpr, dove fa il diesse in seconda. Ma il ciclismo non è solo a Pesaro: anche in provincia crescono giovani con grandi attitudini al fondo e ai percorsi con tanta salita. Gianfranco Fedrigucci, detto “il duca d'Urbino” inizia la sua carriera ciclistica da Juniores nel 1981. Dopo un’annata di rodaggio, coglie tre vittorie nel 1982 (a San Martino in Strada, Porto Sant’Elpidio e Corinaldo). La stagione gli vale la convocazione con la rappresentativa regionale al Giro della Lunigiana, terminato in 20^ posizione (quel giro sarà vinto da Abramov davanti a Bugno). Nel 1983 passa alla Sicc Jesi del diesse Mario Bolletta, svolge il servizio militare nella compagnia atleti di Roma, viene selezionato dalla nazionale della pista, ed inserito nel gruppo probabile olimpionico a Los Angeles. Partecipa con la maglia azzurra ai campionati del mondo per militari (inseguimento individuale) al velodromo “Monteroni” di Lecce, classificandosi al quinto posto. Nel 1984 sempre con la Sicc (nelle cui file militavano Rodolfo Massi, Franco Vona e Roberto Conti), centra due successi (il primo in Umbria e il secondo nella cronoscalata a Montegranaro) e l’argento a Sansepolcro dietro Colagé. Viene selezionato dalla regione Marche per partecipare al Giro d'Italia dilettanti. Nel 1986 veste la maglia della Mengoni, con la quale conquista il titolo regionale nell’inseguimento su pista, battendo Roscioli. A Terranuova Bracciolini viene superato allo sprint da Piccini, in un ordine di arrivo che vede 3° Lelli, 7° Donati, 9° Tafi e 10° Fontanelli. Nel 1989 si trasferisce alla Vellutex, dove termina la propria carriera per problemi fisici. Perché tutto questo spazio per il duca d’Urbino Gianfranco Fedrigucci? Perché è lui, assieme al presidente della Ciclo Ducale Alessandro Gualazzi e agli infaticabili rappresentanti della Polisportiva Omicioli di Saltara, che per ben tre anni hanno lavorato dietro le quinte per portare il Giro d’Italia nella provincia di Pesaro e Urbino.
Dopo Fedrigucci ci sono stati altri anni densi d’emozioni: prima con Daniele Cignali, passato al professionismo dopo una serie di ottime prestazioni tra i dilettanti con la maglia dell’Audax Piobbico (soprattutto sulle strade del Giro delle Marche). Primi due anni di apprendistato con la Scrigno (lo si ricorda in fuga al Giro di Lombardia del 1996, dove ha scollinato per primo sul Ghisallo) e l’ultima stagione, nel 1997, alla Cantina Tollo. Dopo Cignali è la volta di Francesco Magni da Casteldelci (un piccolo borgo a cavallo tra Marche, Romagna e Toscana) e Damiano Giannini, anch’egli dell’alta Valmarecchia, entrambi protagonisti nelle principali corse dilettantistiche degli anni a cavallo tra XX e XXI secolo. Cinque professionisti. Nella stagione 2008 si è giunti al punto di massimo splendore: ben cinque professionisti. La “chioccia” è Massimo Giunti, 33enne pesarese doc, che dopo aver militato nella Cantina Tollo, Domina Vacanze, Fassa Bortolo e Naturino, ha scelto la Miche per chiudere la carriera (ma ha ancora intenzione di correre diverse stagioni). Lo segue a ruota Lorenzo Cardellini, sia negli allenamenti che in squadra, essendo tesserato con la formazione di Marco Tozzi. Un altro prof pesarese, frutto del vivaio della Sc Pesarese, è Luca Pierfelici, sorpresa della Coppi&Bartali 2007 (3° nella generale, dopo aver indossato la maglia di leader fino all’ultimo giorno). Gli ultimi arrivati sono Marco Ghiselli, 25enne neoprof della Hadimec-Nazionale elettronica, e soprattutto Federico Canuti, 22 anni, figlio d’arte (il padre Enzo, presidente della Sc Pesarese, è stato dilettante negli anni ’70, con 17 vittorie all’attivo), che dopo una magica stagione tra gli Under 23, con i colori della Bedogni (tre vittorie, campione toscano e riserva al mondiale di Stoccarda), è alle prese con la prima stagione professionistica nelle file della Csf Navigare di Bruno Reverberi.Il vivaio giovanile, polmone del grande ciclismoMentre Paolini chiudeva la carriera da corridore, si sviluppava con maggiore insistenza il ciclismo giovanile, vero polmone dell’attività pesarese: prima col nome di Velo Club Pesaro, ora con quello di Società Ciclistica Pesarese, il vivaio cittadino ha sfornato diversi atleti che hanno trovato spazio nel mondo professionistico. Nel 1999 un gruppo di amici appassionati di ciclismo decisero di fondare, sulle ceneri del glorioso Velo Club Pesaro, una nuova società, denominata Società Ciclistica Pesarese. Questo sodalizio aveva lo scopo di riportare il ciclismo giovanile a Pesaro, facendolo diventare uno sport praticato anche dai giovani e non solo dai cicloamatori. Dopo i successi degli anni '70, il ciclismo giovanile era tornato a Pesaro negli anni '80 grazie all'impegno della NI.TE.BA, importante azienda nel settore del mobile capeggiata dal mecenate Mario Nicolini. Dopo la NI.TE.BA. venne la Righetti, azienda vetraia che si lanciò nella sponsorizzazione del ciclismo, ottenendo grandi successi a livello nazionale. Le diverse formazioni che in quegli anni solcavano gli asfalti marchigiani e non, arrivarono a conquistare due titoli tricolori a squadre e tanti giovani si misero maglietta e calzoncini per iniziare a praticare lo sport delle due ruote. Verso la metà degli anni '90, per vari motivi, questo entusiasmo iniziò a calare, diversi giovani mollarono l'attività e il Velo Club Pesaro si trovò in serie difficoltà strutturali. Arriviamo così al gennaio del 1999, quando un gruppo di amici decisero di ricominciare a fare sul serio per riportare il ciclismo giovanile a Pesaro. Alcuni sponsor sposarono questa iniziativa e vennero così allestite tre formazioni: Giovanissimi (7-12 anni), Esordienti (13-14 anni) e Allievi (15-16 anni), per un totale di circa trenta elementi. L'impegno del sodalizio biancorosso non si limita all'allevamento di giovani ciclisti in erba, ma si estende anche all'ambito organizzativo. Dal 1999 la terza domenica di luglio viene organizzata una classica per Allievi ed Esordienti a Montelabbate, nell'ambito della Sagra delle Pesche: questa prova è stata subito adocchiata dagli addetti ai lavori per il percorso spettacolare, con il colle di Sant’Angelo in Lizzola a fare da trampolino di lancio per i più in forma, tanto che la corsa è stata inserita all'interno dell'Oscar Tuttobici. Questa gara è preceduta da due gare per Esordienti, ugualmente partecipate. Inoltre dal 2005 viene organizzato a Tavullia il Memorial Michele Mariotti, in ricordo di un giovane corridore biancorosso tragicamente scomparsi in un incidente stradale. Per l’organizzazione i dirigenti pesaresi si avvalgono della collaborazione del Fan Club Valentino Rossi. Altre specialità
A Pesaro il ciclismo va forte anche sullo sterrato. La disciplina della mountain bike sta riscotendo grande successo anche dalle nostre parti: decine di cicloamatori hanno scelto di specializzarsi col rampichino, prendendo parte alle Gran Fondo del centro Italia, senza disdegnare le lunghe trasferte al nord, per partecipare alle prove monumento, come la Rampilonga.
Non solo mtb ma anche pista: il velodromo “Tonino Benelli” è forte di un passato glorioso, avendo ospitato anche un arrivo di tappa del Giro. Era il 1949, e il plotone arrivò nella pista in cemento posta nella prima periferia pesarese con un’ora d’anticipo. Di fronte agli spalti semi deserti (la gente ancora era a casa a prendere il caffè…) vinse allo sprint Adolfo Leoni. Attualmente è aperto un paio di giorni a settimana, ed è meta di allenamenti per i giovani ciclisti delle Marche centro-settentrionali.Il Giro in provincia di Pesaro e Urbino
La provincia di Pesaro e Urbino è legata al Giro d’Italia da una tradizione quasi secolare: il primo passaggio risale al 1911, quando il gruppo dei girini transita a Santa Maria delle Fabbrecce, proveniente da Bologna e diretto ad Ancona (1° Bordin, Giro a Galletti). Nel 1927 abbiamo la Pescara-Pesaro, vinta da Bresciani. Il Giro lo vincerà Binda. Nel 1949 la Roma-Pesaro: sulla pista in cemento del velodromo “Tonino Benelli” spinta Leoni (il Giro sarà di Coppi). Nel 1962 la Chieti-Fano, con la vittoria del fanese Giuseppe Tonucci. La corsa rosa se l’aggiudicò Balmamion. Dieci anni più tardi, partendo da Lido delle Nazioni, il plotone arrivò sul Monte Carpegna: a Merckx la tappa, antipasto della vittoria finale. Nel 1974 la Macerata-Carpegna, con Fuente che mette il sigillo di giornata, in un Giro dominato ancora dal Cannibale. Nel 1976 Terni-Gabicce: 1° lo spagnolo Gonzalez, nel giro di Gimondi. L’anno dopo la Spoleto-Gabicce la vince Maertens, mentre la classifica finale va a Pollentier. Nel 1979 Chieti-Pesaro: l’arrivo è posto sul lungomare di viale Trieste, dove spinta Van Haerden. Maglia rosa a Milano sarà Giuseppe Saronni. Nel 1982 Pescara-Urbino: nella volata di gruppo emerge Guido Bontempi, mentre il Giro sarà del francese Bernard Hinault. L’anno successivo Comacchio-Fano: sul lungomare di Sassonia vince Paolo Rosola. Il Giro, vinto da Saronni, ripartì il giorno seguente da Pesaro. Nel 1986 Rieti-Pesaro: sul traguardo posto all’altezza della Palla di Pomodoro, simbolo della città, fa il bis Bontempi, mentre il Giro avrà come padrone Vicentini. Nel 1988 la corsa parte da Urbino, dove viene allestito un suggestivo cronoprologo di nove km. Vince il francese Jean Francois Bernard, mentre la corsa, passata alla storia per la terribile bufera del Gavia, sarà dello statunitense Hampsten. Nel 1995 la Spoleto-Marotta esalta le doti di Mario Cipollini, sprinter del momento. Il Giro lo vincerà Rominger. Siamo giunti al 2006, quando Rik Verbrugghe vinse sul traguardo di Saltara, al termine di una tappa dura e spettacolare. L’impegno della Polisportiva Omicioli di Saltara. Saltara era già salita agli onori della cronaca per la splendida organizzazione della Settimana Tricolore 2003 (quell’anno il titolo dei prof lo vinse Paolo Bettini, mentre tra gli Under 23 emerse Giovanni Visconti). Nel 2005 i saltaresi si erano invece prodigati nell’organizzazione di una tappa della Tirreno-Adriatico, corsa sullo stesso circuito della Settimana Tricolore.( Pierpaolo Bellucci ) |
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